Uno svago per turisti? In questa prospettiva purtroppo il genere rischia sempre di più di divenire semplice “svago per turisti”, categoria che già oggi costituisce parte consistente del pubblico, in particolare quello delle arene. Una prospettiva triste, se si pensa che nel 2023 proprio l’arte della lirica è stata proclamata dall’UNESCO come “patrimonio immateriale dell’umanità”.
Siamo ormai assuefatti ? Alle bizzarrie della “Regietheater” va aggiunto poi il fanatismo del “politicamente corretto”, vera e propria nuova religione del XXI secolo, in nome della quale viene modificato o eliminato ogni possibile riferimento a quanto non sia conforme alla nuova dottrina. Assistiamo così sempre più spesso ad “Aide” dalla pelle chiara, Turandot che evitano ogni possibile riferimento alla Cina, modifiche a termini del libretto considerati razzisti e via dicendo.
Otello – Teatro dell’Opera di Roma. Molto apprezzabili anche gli appropriati costumi e la maestosa scenografia, arricchita in alcuni momenti da efficaci proiezioni (come nella scena dell’uragano), anche se non sempre perfettamente funzionale (come ad esempio nel quarto atto).
Jenůfa. Juraj Valčuha dimostra di saper padroneggiare perfettamente la complessa partitura, sia nella cura per la chiarezza dei dettagli che nella gestione dei grandi momenti di insieme, come nel caso dell’imponente finale di proporzioni bruckneriane. Con una scelta di tempi sempre ben equilibrata il direttore rende al meglio lo spirito di Janáček nelle sue diverse sfumature drammatiche, nostalgiche, etc., in questo sempre ottimamente seguito dall’impeccabile orchestra romana.
SALOME. In un’opera di Strauss è decisamente l’orchestra che ha il compito di definire i personaggi e le loro emozioni. Il direttore Marc Albrecht opta per la scelta di contenere per quanto possibile il volume sonoro, prediligendo dunque la chiarezza analitica e il dettaglio.
MEFISTOFELE. Eppure in Mefistofele non mancano certo le invenzioni melodiche, le grandi scene corali o le arie memorabili, che spesso contribuiscono in misura determinante alla popolarità di un’opera.
Venendo ora alla regia, dobbiamo anzitutto osservare come questa produzione in realtà sia la ripresa di un’edizione del 2018 ad opera dello stesso regista Michele Mariani, il quale si prende la libertà (o per meglio dire l’arbitrio) di trasporre la vicenda negli anni ’50 del XX secolo. Il richiamo esplicito è al cinema di Federico Fellini, in particolare a titoli come “La dolce vita”.
DA UNA CASA DI MORTI. Come spesso accade infatti, all’attenzione per la versione originale della partitura non corrisponde una analoga attenzione verso il libretto, oggetto come in questo caso di interpretazioni molto libere.Come spesso accade infatti, all’attenzione per la versione originale della partitura non corrisponde una analoga attenzione verso il libretto, oggetto come in questo caso di interpretazioni molto libere.