Simon Boccanegra

SIMON BOCCANEGRA

Simon Boccanegra. Dal 27 novembre al 5 dicembre il Teatro dell’Opera di Roma presenta Simon Boccanegra di Verdi.

direttore Michele Mariotti
Simon Boccanegra (baritono) Claudio Sgura
Maria Boccanegra – Amelia (soprano) Eleonora Buratto
Jacopo Fiesco (basso) Michele Pertusi
Gabriele Adorno (tenore) Ștefan Pop
Paolo Albiani (baritono) Gevorg Hakobyan
Pietro (basso) Luciano Leoni
Capitano dei balestrieri (tenore) Michael Alfonsi
Ancella di Amelia (soprano) Angela Nicoli
Regia Richard Jones

La recensione si riferisce alla rappresentazione del 30 novembre 2024.

La consueta autorità e passione

Anche nella più consueta versione del 1881, Simon Boccanegra è un’opera complessivamente poco rappresentata rispetto ad altri capolavori verdiani, forse più accattivanti ma non necessariamente di maggiore livello. Il Teatro dell’Opera di Roma la sceglie per inaugurare la nuova stagione, seguendo la consolidata tradizione di inserimento di titoli meno comuni a fianco di altri di maggior richiamo. L’opera mancava da tempo nella capitale, e la proposta dunque sembra quanto mai felice.

Michele Mariotti ha diretto con la solita autorevolezza e passione, ponendo come sempre grande attenzione alle dinamiche, ai timbri sonori, come pure ai diversi interventi solistici, aiutato in questo dalla sempre ottima orchestra romana. Accurata e appropriata anche la scelta dei tempi, come nelle frenetiche scene di rivolta, o nel caso opposto nella dilatazione degli ultimi accordi della maestosa conclusione.

Claudio Sgura ha sostituito all’ultimo momento l’indisposto Luca Salsi, accettando quindi di riprendere il ruolo del protagonista sostenuto appena il giorno prima. Il baritono in verità non può certo definirsi una “seconda scelta”, e la sua interpretazione non ha fatto rimpiangere il pur ottimo collega. Dotato di voce morbida, calda e all’occorrenza potente, Sgura ha tratteggiato un Simon Boccanegra autorevole ma allo stesso tempo tenero e fragile. Il cantante si è dimostrato a suo agio sia nei momenti di grande intensità che nei delicati “pianissimo”, come quello che conclude il duetto del primo atto, con la parola “figlia”.

Simon Boccanegra
Simon Booccanegra. Claudio Sgura (Boccanegra) ph Fabrizio Sansoni -Opera di Roma. 2024_1911

Come in quest’ora bruna

Il soprano Eleonora Buratto ha interpretato il personaggio di Maria/Amelia con grande sicurezza, a partire dalla sua prima aria (“Come in quest’ora bruna“) toccante e appassionata. I suoi interventi sono stati ben calibrati anche nei numerosi duetti e momenti d’insieme, nei quali si è distinta per l’incredibile volume sonoro della sua voce.

Il tenore Ștefan Pop ha caratterizzato ottimamente Gabriele Adorno, grazie anche al suo timbro chiaro e pulito. Notevole il suo intervento nell’aria del secondo atto “Sento avvampar nell’anima”, una delle poche dell’intera opera.

Grande esperienza e sensibilità

Magistrale anche il Fiesco di Michele Pertusi, basso dotato di grande esperienza e sensibilità, come del resto il Paolo Albiani del baritono armeno Gevorg Hakobyan, che tratteggia un personaggio più rancoroso che malvagio.

Bene anche gli altri comprimari, Luciano Leoni, Michael Alfonsi e Angela Nicoli, nei loro brevi ma precisi interventi.

Come al solito una menzione speciale merita il coro e il suo storico direttore Ciro Visco, i cui interventi sempre perfettamente coordinati con l’orchestra hanno lasciato il segno anche in un’opera come Simon Boccanegra, non particolarmente ricca di momenti corali.

Simon Boccanegra
Simon Boccanegra. Eleonora Buratto (Amelia). Fabrizio Sansoni - Opera di Roma 2024.

Le scene erano piuttosto fuori luogo

La regia è stata affidata all’inglese Richard Jones, coadiuvato da Antony Mc Donald (scene e costumi), Adam Silverman (luci), Sarah Kate Fahie (coreografia) e Renzo Musumeci Greco (Maestro d’armi). Il risultato finale ha destato non poche perplessità, a partire da un’ambientazione contemporanea ormai più che scontata, ma che mal si concilia con i complessi intrighi del dramma verdiano. Se pure ingegnose nei meccanismi e con citazioni “dotte” (le celebri “piazze” di De Chirico), le scene risultavano in genere piuttosto fuori luogo. Anche i costumi sembravano essere estratti più o meno a caso dal magazzino, combinando insieme abiti comuni e mantelli regali d’altri tempi, con una caratterizzazione piuttosto banale e fuorviante della dicotomia “plebe – patrizi” in termini di “operai – colletti bianchi” (o qualsiasi cosa rappresentassero gli uomini in giacca e cravatta). Riguardo la regia più propriamente detta, possiamo dire tutto sommato di aver apprezzato la sua scarsa visibilità nella recitazione dei vari personaggi, i quali hanno potuto esprimersi senza le eccessive complicazioni a volte richieste dalle “Regietheater”. Questo aspetto peraltro è quello che normalmente suscita le maggiori critiche di chi non apprezza le regie “statiche”, preferendo uno stile da film d’azione, più vicino ai gusti contemporanei ma certamente lontano anni luce dallo spirito originale del teatro d’opera.

Alla fine della serata il pubblico ha elargito calorosi e meritati applausi a tutti gli interpreti e al direttore Mariotti.

Tiziano Virgili

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Tiziano Virgili

REVIEWER

Physicist, professor at Salerno’s University. Opera fan for more than fifty years, with special interest for Russian, Czech, and in general less performed operas. Strongly believes that Great Art doesn’t need updates, and that operas work perfectly just as they were originally conceived.

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