NOTE POCO NOTE

NOTE POCO NOTE


NOTE POCO NOTE

La storia della musica si concentra per ovvi motivi di sintesi sulle opere e sui compositori più importanti, i cui lavori hanno maggiormente influenzato i posteri e che sono ancora oggi regolarmente eseguiti, ascoltati e amati. Esse costituiscono in realtà solo una piccola frazione della produzione artistica musicale nota, per lo meno di quella che ci è pervenuta sotto forma scritta. A fianco di figure primarie come Beethoven e Mozart, sono sempre esistiti compositori in qualche misura “minori”, senza i quali tuttavia la stessa grandezza dei primi non sarebbe misurabile. Questi compositori hanno spesso lasciato opere più che interessanti, ma che per motivi diversi sono state in qualche modo dimenticate. A queste si affiancano una serie di opere “minori” o meno conosciute di compositori molto noti, dei quali spesso si eseguono solo alcuni brani. Un esempio per tutti può essere Paul Dukas, del quale tutti conoscono il brano L’apprendista stregone”(reso celebre anche dal film Fantasia), ma pochi hanno ascoltato gli altri suoi pregevolissimi lavori. In realtà, ad un ascolto attento, non sempre queste opere risultano “secondarie”. In molti casi non è improprio l’uso del termine “capolavoro”, ed è solo per cause accidentali o comunque non razionali che esse sono state (temporaneamente?) dimenticate da pubblico e critica.

L’attuale disponibilità di registrazioni su “Compact Disc” e audio/video fruibili da internet fortunatamente copre ormai una produzione molto ampia, andando a colmare anche le molte lacune di quei lavori che non trovano ancora spazio nel repertorio comunemente eseguito nelle sale da concerto e nei teatri lirici. Va detto in effetti che esiste un rapporto di dinamica reciproca tra il pubblico e i programmi offerti: da una parte il pubblico è titubante verso proposte non convenzionali, dall’altra gli impresari e i direttori artistici preferiscono puntare sul sicuro, evitando scelte potenzialmente impopolari. Ecco, dunque, che le produzioni risultano sempre più appiattite verso “le solite cose”, e le proposte si limitano ormai quasi esclusivamente alle composizioni più celebri, quelle che sono in genere considerate le opere più rappresentative della storia della musica.

 Paul DukasThe Sorcerer’s Apprentice

Non va inoltre sottovalutata la tendenza, ormai ben consolidata, ad attribuire grandissima importanza ed interesse agli interpreti piuttosto che le opere. I direttori artistici ragionano di fatto solo in termini di “star” da scritturare, e lo stesso pubblico si reca entusiasta all’ascolto dell’interprete di successo a prescindere dal pezzo eseguito. Nel caso dell’opera lirica la situazione è ancora più singolare, essendo spesso l’elemento di richiamo addirittura il regista teatrale. Si cerca in sostanza (un po’ maldestramente a mio avviso) di ravvivare l’interesse con produzioni che cercano l’originalità nella messa in scena, con attualizzazioni, astrazioni, reinterpretazioni e via dicendo. Il risultato è che si continuano ad allestire sempre le stesse opere, in versioni improbabili e con regie che spesso superano abbondantemente il limite del ridicolo. È da sottolineare inoltre come l’estetica novecentesca risulti tutto sommato ancora dominante, non essendo di fatto stata soppiantata da una nuova corrente. Ecco, dunque, che il “bello” (per lo meno quello che molto generalmente è considerato tale) diviene in quest’ottica “banale”, mentre al contrario è considerato “artistico” ciò che per i più può risultare sgradevole, squallido, o addirittura lurido. Per i motivi sopraindicati, sia le produzioni discografiche che i programmi di sala guardano necessariamente ai grandi classici, limitando però la varietà ad un numero piuttosto ristretto di titoli di sicura attrattività. Ma a mio avviso interpretazioni “nuove” dei grandi classici non producono nuova arte, e se oggi l’attenzione è rivolta quasi esclusivamente agli interpreti (per non dire ai registi, nel caso della lirica) è per la carenza di nuove grandi composizioni. Desideriamo quindi portare l’attenzione su opere oggi poco rappresentate, quasi dimenticate da critica e pubblico, spesso per ragioni non del tutto comprensibili, e procedendo in ordine alfabetico, inizieremo dal compositore spagnolo Albeniz.

ALBENIZ, Isaac (1860 – 1909)

Compositore spagnolo poco noto se non per la sua bellissima Iberia, eseguita sia in versione pianistica che orchestrale. Solo di recente sono state riscoperte le sue opere, pubblicate in CD dalle prestigiose case discografiche Decca e Deutsche Grammophone, per merito soprattutto del Maestro José De Eusebio. Lo stile di Albeniz è chiaramente ispirato a Wagner, con abbondanza di elementi ripresi dal folklore spagnolo. Prima ancora che da rivalutare, sono opere da ascoltare e ammirare, in particolare Merlin, un vero gioiello nascosto.

HENRY CLIFFORD Orchestra Sinfonica di Madrid – José De Eusebio
[https://www.youtube.com/watch?v=bQ0SWNDTQT4]

Opera in tre atti, ricostruita dal direttore e musicologo Josè De Eusebio. Un affresco storico imponente, ricco di invenzioni melodiche, come il bel duetto del primo atto o l’aria del tenore nel secondo. Altresì incredibili le molteplici scene corali, le delicate danze delle fate, i preludi, gli intermezzi e così via. Una esecuzione ottima, una opera rarissima da rivalutare.

PEPITA JIMENEZ Orchestra Sinfonica di Madrid – José De Eusebio
[
ttps://www.youtube.com/watch?v=NDZ2RnaCmu8]

Altra opera notevole questa Pepita Jimenez, qui nell’unica registrazione della versione originale e integrale in due atti. Rispetto ad Henry Clifford è meno maestosa e più intima, sempre in bilico tra il dramma e la farsa, ambiguità che nemmeno il finale aperto riesce a chiarire. La musica iberica qui è assai più presente, come del resto richiesto dall’argomento. Di durata relativamente breve (circa 1h e 30’), quest’opera alterna momenti brillanti ad altri di tensione drammatica, con elementi folkloristici e romantici. Notevole l’intermezzo tra i due atti che sostituisce la mancante ouverture, come pure la travolgente conclusione.

MERLIN Orchestra Sinfonica di Madrid – José De Eusebio
[
https://www.youtube.com/watch?v=oUOQa-QoDRI]

L’opera riprende la classica leggenda di mago Merlino, dell’ascesa di Artù a Re d’Inghilterra e delle trame della perfida fata Morgana. Intesa come la prima parte di quella che doveva essere una trilogia sul mito di Artù, rappresenta un serio tentativo di creazione di un’opera nazionale spagnola. La struttura è wagneriana, con uso di leitmotiv in continua trasformazione, per lo più enunciati da un’orchestra particolarmente brillante e ricca. Non possiamo che rammaricarci per il mancato completamento della trilogia (rimangono solo alcuni frammenti della seconda opera, Lancillotto), e sperare che Merlin acquisti maggiore rilievo nei cartelloni degli enti lirici. La versione in DVD, registrata dal vivo, differisce nei ruoli principali dalla versione in CD della Decca (che include la prestigiosa presenza di Domingo). La scenografia è “simbolica”, ma accettabile nella sua schematicità. La messa in scena è arricchita dalla presenza del corpo di ballo e dai ballerini solisti (nel ruolo mimato di Ginevra e Lancillotto). La musica è ovunque trascinante, sempre sorretta da un’orchestra avvolgente, comunque molto presente. Particolarmente riuscito il terzo atto, ricco di numeri di danza, ora delicati, ora travolgenti, con una conclusione di grandiosità wagneriana.

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Tiziano Virgili

REVIEWER

Physicist, professor at Salerno’s University. Opera fan for more than fifty years, with special interest for Russian, Czech, and in general less performed operas. Strongly believes that Great Art doesn’t need updates, and that operas work perfectly just as they were originally conceived.

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