Jenůfa – Teatro dell’Opera di Roma

Jenůfa

Dal 2 al 9 Maggio il Teatro dell’Opera di Roma in co-produzione con il Royal Opera House Covent Garden presenta Jenůfa di Janáček, direttore Juraj Valčuha, regia di Claus Guth, con:

JENŮFA (Soprano) Cornelia Beskow
KOSTELNIČKA BURYJOVKA (Soprano)  Karita Mattila
LACA KLEMEŇ (Tenore) Charles Workman
ŠTEVA BURYJA (Tenore) Robert Watson
NONNA BURYJOVKA (Contralto) Manuela Custer
IL CAPOMASTRO DEL MULINO (Baritono) David Stout
IL SINDACO (Basso) Lukáš Zeman
SUA MOGLIE (Mezzosoprano) Anna Viktorova
KAROLKA (Mezzosprano) Sofia Koberidze
LA PASTORA Ekaterine Buachidze
BARENA Valentina Gargano
JANA Mariam Suleiman

Dopo Kát’a Kabanová e Z mrtvého domu (Da una casa di morti), il Teatro dell’Opera di Roma per il terzo anno consecutivo mette in scena un titolo di Janáček, questa volta Jenůfa. Si tratta di un’operazione ancora una volta in linea con l’ottima filosofia di proporre opere celebri da alternare ad altre meno comuni, ma non per questo meno valide. E’ sicuramente questo il caso di Jenůfa, forse l’opera più rappresentata di Janáček insieme a “La piccola volpe astuta”, purtroppo però ancora piuttosto rara in Italia nonostante la sua qualità musicale veramente notevole. Essa costituisce in effetti un vero e proprio ponte tra l’opera ceca ottocentesca e il nuovo stile creato dallo stesso compositore. La lezione di Smetana e Dvořak è senza dubbio qui ben acquisita e si ritrova tra l’altro nel colore boemo presente in alcuni momenti, come le danze popolari del primo e del terzo atto. L’opera, d’altra parte, contiene anche le caratteristiche tipiche di Janáček, con i suoi “ostinato”, i ritmi irregolari ripresi dalla lingua parlata, il canto declamato in prosa e via dicendo. Anche in questo caso la funzione dell’orchestra va ben oltre il semplice accompagnamento dei cantanti, divenendo il supporto di base per l’intera costruzione musicale, e suggerendo con timbri originali o con repentini cambi armonici le diverse emozioni che il dramma evoca.

Jenufa
Jenufa. Cornelia Beskow (Jenufa), Charles Workman (Laca) ph Fabrizio Sansoni - Opera di Roma 2024

Juraj Valčuha dimostra di saper padroneggiare perfettamente la complessa partitura, sia nella cura per la chiarezza dei dettagli che nella gestione dei grandi momenti di insieme, come nel caso dell’imponente finale di proporzioni bruckneriane. Con una scelta di tempi sempre ben equilibrata il direttore rende al meglio lo spirito di Janáček nelle sue diverse sfumature drammatiche, nostalgiche, etc., in questo sempre ottimamente seguito dall’impeccabile orchestra romana.
Il soprano svedese Cornelia Beskow si è trovata perfettamente a proprio agio nel ruolo della protagonista, della quale ha tratteggiato un ritratto più che convincente anche dal punto di vista recitativo. Dotata di una voce dal carattere gentile ma all’occorrenza assai potente, la cantante si è dimostrata ottima in ogni momento dell’opera, con una speciale menzione per il monologo del secondo atto “Mamičko, mám těžkou hlavu”, particolarmente toccante.
Non è stata da meno il soprano finlandese Karita Mattila nel ruolo della sagrestana (Kostelnička), personaggio chiave dell’intero dramma. La prestazione della cantante è stata anche in questo caso eccellente sia sul piano musicale che quello teatrale e la sua interpretazione complessa e realistica della tormentata madre adottiva di Jenůfa ha senz’altro lasciato il segno.
Ottimi anche i due tenori americani Charles Workman e Robert Watson, rispettivamente come il geloso e tormentato Laca e il vanitoso e immaturo Števa. Dotati entrambi di invidiabile versatilità (il primo con un repertorio che spazia dal barocco a Richard Strauss), hanno affrontato i propri ruoli con grande impegno. La mancanza di una vera e propria differenziazione vocale dei due personaggi (non prevista dalla partitura) è stata colmata dalla grande espressività anche recitativa dei due interpreti, con risultati pienamente convincenti.

Jenufa
Jenufa. Cornelia Beskow (Jenufa). ph Fabrizio Sansoni -Opera di Roma 2024

Il mezzosoprano Manuela Custer con la sua voce profonda ha interpretato una nonna Buryjovka altera ma comprensiva, distante (la vediamo spesso di spalle) ma allo stesso tempo presente. All’altezza del loro compito anche gli altri comprimari, a partire dal baritono David Stout come capomastro, Sofia Koberidze nel ruolo dell’esuberante Karolka, e ancora Lukaš Zeman e Anna Viktorova come Sindaco e sua moglie. Ottime nei loro brevi interventi anche Ekaterine Buachidze, Valentina Gargano e Mariam Suleiman, dal progetto “Fabbrica” Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma.

Sebbene il coro (diretto da Ciro Visco) non sia particolarmente presente in Jenůfa, i suoi interventi sono stati più che memorabili, sia nelle vivacissime danze del primo atto che nel lieto e al contempo nostalgico coro nuziale del terzo. Entrambi i momenti hanno visto la partecipazione di alcuni danzatori del corpo di ballo del Teatro dell’Opera di Roma, che hanno dunque aggiunto un tocco coreografico molto efficace.

Jenufa
Jenufa. Manuela Kuster (la vecchia Buryjovka). ph Fabrizio Sansoni -Opera di Roma 2024

La regia dello spettacolo è stata affidata al tedesco Claus Guth, il quale per il suo compito si è avvalso di una numerosa schiera di collaboratori: Michael Levin (scene), Gesine Völlm (costumi), James Farncombe (luci), Teresa Rotemberg (coreografia), Yvonne Gebauer (Drammaturgia), Rocafilm (video). Il risultato di tante competenze, tuttavia, non è sembrato particolarmente brillante, almeno per quanto riguarda le scenografie: per tutti e tre gli atti esse erano limitate a tre pareti fisse che dovrebbero (senza grande originalità) simboleggiare il mondo chiuso di Jenůfa. Delle suggestioni della campagna morava, del torrente e del mulino più volte citato nel testo ed evocato magnificamente da Janáček già nel preludio non vi era purtroppo alcuna traccia. Le caratterizzazioni dei diversi ambienti erano affidate ad alcuni elementi scenici ricorrenti come sedie, tavoli, letti e reti in ferro. Va detto che di questi tempi risulta sempre meno conveniente realizzare scenografie “oleografiche” (termine dispregiativo con il quale vengono generalmente definite le scene di stampo realistico rispettose del libretto), sia in termini di giudizi critici tendenzialmente negativi, che (soprattutto) di costi di realizzazione. Al netto della desolazione scenografica (con l’eccezione del suggestivo notturno del secondo atto, con tanto di cielo stellato), nel complesso la regia e la drammaturgia dei personaggi e in generale le coreografie erano comunque efficaci e coinvolgenti. Di grande effetto anche i bellissimi costumi in stile folk, in forte contrasto con le vesti scure delle protagoniste.

Alla fine della serata grandi e calorosi nonché meritati applausi per tutti gli interpreti.

Tiziano Virgili
La recensione si riferisce alla rappresentazione del 4 Maggio 2024.
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Tiziano Virgili

REVIEWER

Physicist, professor at Salerno’s University. Opera fan for more than fifty years, with special interest for Russian, Czech, and in general less performed operas. Strongly believes that Great Art doesn’t need updates, and that operas work perfectly just as they were originally conceived.

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