DA UNA CASA DI MORTI

Da una casa di morti

(Z mrtvého domu)

Dal 23 al 30 Maggio, il Teatro dell’Opera di Roma presenta Z mrtvého domu di Janáček, direttore Dmitry Matvienko, regia di Krysztof Warlikowski, con:


ALEXANDR PETROVIČ GORJANČIKOV (Baritono) Mark S. Doss
ALJEJA, GIOVANE TARTARO (Tenore) Pascal Charbonneau
FILKA MOROZOV (IN PRIGIONE SOTTO IL NOME DI LUKA KUZMIČ) (Tenore) Štefan Margita
IL GRANDE PRIGIONIERO (Tenore) Erin Caves
IL PICCOLO PRIGIONIERO NIKITA / ČEKUNOV / IL CUOCO (Baritono) Lukáš Zeman
IL DIRETTORE DELLA PRIGIONE (Basso) Clive Bayley
SKURATOV (Tenore) Julian Hubbard
IL PRIGONIERO UBRIACO (Tenore) Eduardo Niave
KEDRIL (Tenore) Marcello Nardis
IL FABBRO/UN PRIGIONIERO TRAVESTITO DA DON GIOVANNI E DA BRAMINO (Baritono) Aleš Jenis
IL GIOVANE PRIGIONIERO (Tenore) Paweł Żak
UNA PROSTITUTA (Soprano) Carolyn Sproule
ŠAPKIN (Tenore) Michael J. Scott
ŠIŠKOV (Basso) Leigh Melrose
ČEREVIN (Tenore) Christopher Lemmings
IL VECCHIO PRIGIONIERO (Tenore) Colin Judson

Da una casa di morti

Dopo il meritato successo di Kata Kabanova, il Teatro dell’Opera di Roma torna a proporre un’opera del musicista ceco Leoš Janáček: Z mrtvého domu (Da una casa di morti), la sua ultima composizione. Continua così l’ottima programmazione del teatro romano, che alterna titoli celebri ad altri poco noti ma di indiscutibile valore. Tratta da un romanzo di Dostoevskij, l’opera venne completata da due studenti che ne modificarono in parte l’orchestrazione e il finale, e quindi rappresentata postuma nel 1930. La versione presentata a Roma ripristina la partitura originale lasciata da Janáček, anche se priva della revisione finale del compositore. Come il romanzo, l’opera descrive la vita in un campo di prigionia in Siberia al tempo degli Zar, offrendo un affresco di varia umanità accumunata dalla dura condizione di detenzione. Nonostante l’atmosfera opprimente e cupa del soggetto, la musica si rivela tutt’altro che lugubre e ancora una volta ricca di invenzioni,   con l’uso occasionale di melodie autenticamente russe. Anche l’orchestra, sempre molto importante nelle opere di Janáček, viene arricchita dall’aggiunta di elementi particolari quali campane, catene, e perfino attrezzi da lavoro.

Da una casa di morti
Da una casa di morti. Caves (Grande Prigioniero), Margita (Filka), Zeman (Nikita) Photo:Fabrizio Sansoni

Il maestro bielorusso Dmitry Matvienko ha diretto con mano sicura l’ottima orchestra romana, offrendo una lettura estremamente chiara della partitura, sia nei momenti più delicati dell’opera che in quelli maggiormente enfatici, nei quali viene dispiegata una notevole potenza sonora. E’ risultato ottimo anche l’equilibrio rispetto alle linee di canto, che non sono mai state soverchiate dall’orchestra (o viceversa).

Sebbene l’opera richieda un ricco cast di cantanti, non prevede ruoli di primo piano o particolarmente impegnativi (molti personaggi non hanno neppure un nome). In questo contesto tutti gli interpreti sono risultati pienamente soddisfacenti, sia vocalmente che dal punto di vista attoriale. Sono risultati ottimi nei loro ruoli i baritoni Mark S. Doss (l’aristocratico in disgrazia) e Lukaš Zeman (interprete di ben tre ruoli), e i bassi Leigh Melrose (interprete come Šiškov del lungo monologo del terzo atto) e Clive Bayeley (perfetto come direttore della prigione). Tra i numerosi tenori vanno anzitutto citati Štefan Margita (come Luka/Filka) e Julian Hubbard (Skuratov), ottimi interpreti dei rispettivi monologhi drammatici del primo e secondo atto. Ottimi anche Pascal Charbonneau nel ruolo del giovane tartaro (personaggio originariamente affidato ad un mezzosoprano), Aleš Jenis come fabbro/Don Giovanni, Marcello Nardis (Kedril), Christopher Lemmings (Cerevin), e infine Pawel Zak, Colin Judson, Eduardo Niave ed Erin Caves nei ruoli di anonimi prigionieri. Una menzione speciale merita poi l’unica voce femminile del cast, quella del soprano Carolyn Sproule nel breve ruolo di una prostituta.

Da una casa di morti
Prove da una casa di morti. Carolyn Sproule (Prostituta), Clive Bayley (Comandante della prigione).Photo: Fabrizio Sansoni

La regia dell’opera è stata affidata al polacco Krysztof Warlikowski, coadiuvato dal drammaturgo Christian Longchamp e dalla scenografa e costumista Małgorzata Szczęśniak. Il regista, noto per le sue interpretazioni molto personali e ardite, ha avuto l’idea (per la verità non molto originale) di ambientare la storia in un carcere contemporaneo. Questo ingenuo intento di attualizzare un’opera peraltro già di per sé incredibilmente moderna, ha inevitabilmente prodotto numerosi anacronismi (come ad esempio i continui riferimenti allo Zar). L’aspetto però che ha maggiormente suscitato perplessità è stato il continuo intervento della regia nel voler “attirare l’attenzione” del pubblico, con continui movimenti di personaggi e di elementi scenici sul palco, distraendo quindi lo spettatore dalla dimensione più propriamente musicale.

DA UNA CASA DI MORTI
Prove Da una casa di morti. Un insieme. Photo: Fabrizio Sansoni-Opera di Roma

Già durante l’ouverture e in seguito nei preludi degli atti assistiamo alla proiezione di filmati con diverse interviste, indubbiamente interessanti ma che inevitabilmente distolgono dall’ascolto della splendida ed evocativa musica di Janáček. Allo stesso modo, i racconti dei detenuti sono stati inutilmente supportati da didascaliche pantomime, nonostante l’opera stessa ne preveda ben due nel secondo atto (durante lo spettacolo improvvisato nel carcere). Sono poi molte le trovate bizzarre inserite dal regista nel corso dell’intera opera. Ricordiamo solo a titolo d’esempio la simbolica aquila ferita, trasformata in un giocatore di basket, o il giovane tartaro inspiegabilmente vestito con abiti femminili. Sicuramente molto efficaci e tecnicamente ben realizzate sono risultate le scenografie, anche se decisamente distanti dalle ambientazioni previste dall’opera. Come spesso accade infatti, all’attenzione per la versione originale della partitura non corrisponde una analoga attenzione verso il libretto, oggetto come in questo caso di interpretazioni molto libere.

Alla fine della serata meritatissimi applausi agli interpreti e al direttore, per un evento che fa ben sperare di poter assistere in futuro ad altre opere del grande compositore ceco.

Tiziano Virgili

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Tiziano Virgili

REVIEWER

Physicist, professor at Salerno’s University. Opera fan for more than fifty years, with special interest for Russian, Czech, and in general less performed operas. Strongly believes that Great Art doesn’t need updates, and that operas work perfectly just as they were originally conceived.

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